Il taccuino di un fotografo, accuratamente celato dal ghiaccio antartico per oltre un secolo, è riemerso grazie allo scioglimento estivo: e non si tratta di una raccolta di appunti qualsiasi, bensì delle annotazioni di George Murray Levick, medico e zoologo che fu al seguito della spedizione britannica Terra Nova, guidata da Robert Falcon Scott verso quella che doveva essere la prima conquista del Polo Sud. Sappiamo che le cose andarono in modo drammaticamente diverso: innanzitutto quando Scott e i suoi uomini giunsero finalmente sul loro obiettivo scoprirono che il norvegese Roald Amundsen li aveva preceduti da un mese; ma la sconfitta morale (e scientifica) non tardò a trasformarsi in tragedia, quando il gruppo di cinque uomini morì durante il lungo, faticoso e gelido cammino di ritorno vero il campo base, nel marzo del 1912.
La spedizione di Levick
George Murray Levick fu tra quelli che sopravvissero poiché, in effetti, faceva parte del Northern Party ossia del gruppo che trascorse l'inverno del 1912 sull'isola Inexpressible (indicibile): come si può intuire dal nome che venne attribuito al territorio proprio dai membri della spedizione, si trattò di mesi di terribile disagio dai quali, tra congelamenti, fame, dissenteria e malattie varie, fu una vera fortuna poter tornare indietro. Eppure gli uomini del Northern Party ci riuscirono, nutrendosi di grasso di balena e giungendo al campo base sull'isola di Ross dopo aver camminato per 300 chilometri soltanto il 7 novembre del 1912.Di George Murray Levick sono note soprattutto le osservazioni effettuate sui pinguini di Adelia - la cui relazione venne resa nota soltanto in anni recenti – durante la prima parte della missione che vide il gruppo di ricerca stabilirsi a Cape Adare: il diario rinvenuto risale al medesimo periodo. Forse nel complesso risulta non particolarmente emozionante, trattandosi per lo più di una lista di dati e di dettagli di immagini scattate, ma ha comunque la sua importanza storica, giacché può essere utilizzato come strumento di supporto per le raccolte di fotografie custodite presso lo Scott Polar Research Institute collection di Cambridge: l'analisi delle informazioni in esso contenute, infatti, hanno evidenziato in più parti collegamenti con l'archivio fotografico.
Migliaia di reperti degli esploratori del passato
I cento anni di ghiaccio ed acqua non sono stati generosi con il diario, la cui rilegatura si è del tutto dissolta: tuttavia l'intervento dei restauratori, associato ad una indispensabile digitalizzazione del documento, ha consentito un notevole recupero. Il ritrovamento non costituisce affatto un caso isolato: ogni anno, con lo scioglimento estivo, il neozelandese Antarctic Heritage Trust recupera oggetti di ogni tipo, appartenuti a quegli uomini che posero fine alla grande epoca delle esplorazioni, conquistando anche l'ultimo brandello remoto del globo terrestre. Il diario è, quindi, in buona compagnia con circa 11.000 altri reperti provenienti da Cape Evans e lasciati lì dalla spedizione di Scott: per lo più si tratta di vestiti ma nel 2013, ad esempio, i ghiacci hanno restituito alcuni negativi fotografici; nel 2010, invece, sono ritornate a vista tre casse di whisky e due di brandy risalenti al 1908, ossia portate lì dalla spedizione di Ernest Shackleton. Anche il disabitato Antartide, insomma, ha molte storie affascinanti da raccontarci.