Rasputin, il monaco pazzo

Rasputin, il monaco pazzo

GRIGORIJ EFIMEVIC RASPUTIN – IL MONACO PAZZO

Rasputin nacque nel 1871 a Pokrovskoe (Siberia). Le cronache metropolitane narrano che, in prossimità della sua nascita, in Siberia fosse caduto un meteorite che aveva sconvolto la struttura della regione.

Rasputin trascorre la sua adolescenza nel piccolo villaggio rurale dove era nato, fedele alla regola impartita dal padre (umile contadino) secondo cui la scuola allontana gli uomini dalla religione e li rende immorali.

Pertanto, Grisha (così Rasputin era soprannominato in famiglia) crebbe dedito alla cura dei campi, nella più assoluta ignoranza e non frequentò neppure le scuole primarie.

L’adolescenza di Rasputin fù segnata da una tragedia. Lui ed il fratello Misha caddero nelle gelide acque del fiume Tjura ma Grisha riuscì a salvare sè stesso ed il fratello. Entrambi contrassero una bruttissima polmoniteMisha morì qualche settimana dopo, mentre Rasputin sopravvisse, mostrando un forza ed un temperamento non comuni.

Durante uno dei tanti accessi febbrili ebbe la visione della Vergine Maria che gli preannunciava la guarigione.

Effettivamente, Grisha guarì improvvisamente ed inaspettatamente. A partire da questo momento diventa profondamente religioso e si avvicina alla setta degli Starecmonaci russi erranti che possedevano doti profetiche e svolgevano un continuo pellegrinaggio nei villaggi, anche i più lontani e sperduti.

Vi è da dire che Rasputin si distingueva, già da giovanissimo, per la eccezionale forza e robustezza fisica, animata da uno sguardo penetrante e quasi magnetico che affascinava inesorabilmente le donne.

Pur senza cultura, mostra di possedere doti di grandissimo affabulatore.

All’età di 20 anni sposa Praskovia Fedorovna Dubrovina, da cui ha un figlio che muore all’età di 11 mesi.

In conseguenza di quel tragico evento, ebbe un’altra visione: la santa Vergine che gli intima di lasciare tutto e di unirsi alla congregazione degli Starec. Cosa che fà puntualmente.

Durante alcuni pellegrinaggi entra in contatto con  i Chlisty, una setta che si opponeva alla corruzione e deviazione religiosa della Chiesa ortodossa e che ritiene che l’uomo possa liberarsi dal peccato solo vivendo le passioni fino allo strato più profondo, per poi raggiungere la catarsi liberatoria.

Rasputin abbracciò la fede Chlisty e cominciò a diffonderne il messaggio nella Russia zarista. Il punto fondamentale di questa tradizione esoterico-religiosa era rappresentato dalla celebrazione di riti erotici, anche di gruppo.

Enunciando queste teorie ed avvalendosi del suo fascino non comune, Rasputin  riuscì ad insidiare le più belle donne della corte zarista.

Il percorso nomade di Rasputin che, dopo un indottrinamento di un anno al convento di Verchoturje, si considera “monaco” a tutti gli effetti, tocca città come MoscaKazanKiev.

Tornerà poi al villaggio natale, dove erigerà con l’aiuto di alcuni fedeli una chiesa personale in concorrenza con quella ufficiale. Nonostante i preti ortodossi lo accusino di praticare i riti dei chlisty, egli non lo ammetterà mai e riuscirà sempre a difendersi. Con il passare del tempo cominceranno a venire al suo cospetto numerose persone da tutta la regione e la sua fama comincerà a diffondersi.

E’ a questo punto che decide di partire per San Pietroburgo per venire a contatto con le figure più eminenti della chiesa russa.
Grazie alle conoscenze di influenti religiosi come Ivan Sergeev di Kronstadt, favorito dello Zar, e Il’jodor, vescovo di Caricyn e fautore del panslavismo, iscritto alla loggia nazionalista dei Veri Russi, Rasputin comincia ad entrare lentamente non solo nelle alte sfere del mondo dei pope ortodossi, ma anche in quelle dell’alta società pietroburghese. Nel salotto di Olga Lochtina, moglie di un consigliere di stato, Rasputin viene a contatto con personaggi come Anna Vryubova, le granduchesse Anastasia e Militza, figlie del re del Montenegro e il granduca Nikolaj Nikolaevic. Da qui alla famiglia imperiale il passo sarà breve e naturale.

Il destino porta Rasputin alla corte dello Zar in conseguenza di un fatto drammatico. Il figlio prediletto della zarina Alessandra, Alessio, è affetto da emofilia e attraversa una crisi gravissima. Nessun dottore sembra riuscire a trovare una cura e alle orecchie dell’Imperatrice, tramite l’intervento della granduchessa Anastasia, giunge il consiglio di ricorrere a quell’uomo “santo” e dagli strani poteri di nome Rasputin. Nelle lunghe sere in società lo starec siberiano aveva partecipato a sedute spiritiche e a “guarigioni” durante le quali aveva manifestato poteri fuori del comune. Non si saprà mai se si trattasse di allucinazione collettiva o di reali poteri taumaturgici del monaco-contadino, fatto sta che la fama di “purificatore” di Rasputin non era rimasta sconosciuta nemmeno alla coppia imperiale.

Rasputin viene finalmente ricevuto a Palazzo: corre l’anno 1905. Già dal primo contatto con il piccolo Alessio, riesce ad arrestare con la forza della persuasione e della preghiera il flusso di sangue che lo sta mortalmente indebolendo. Molte possono essere, oggi, le spiegazioni di quel prodigio; tra queste il fatto assodato che una forte emozione in un individuo affetto dall’emofilia può portare ad una temporanea guarigione. In quella drammatica sera di inizio secolo – e agli occhi dell’emotiva e religiosissima zarina – l’evento può solo assumere i contorni del miracolo. Da quel giorno Grigorij Efimevic Rasputin diverrà l’ombra dell’Imperatrice, il “buon’uomo” salvatore di Alessio, “il nostro Amico”. Si creerà, tra il monaco e la zarina, un legame fortissimo, che molti arriveranno a considerare ambiguo. Questo tipo di legame diverrà pericoloso negli anni a ridosso della Rivoluzione, quando Alessandra – fermamente convinta del potere autocratico dello Zar, e decisa a farlo mantenere a un marito che invece non sembra smanioso di goderne i privilegi – costituirà un’alleanza con Rasputin in chiave fortemente conservatrice. 

Per moltissimi anni la presenza di Rasputin a corte sarà vista come un’anomalia sopportabile da chi lo avversa e un motivo di interesse per chi ne subisce il fascino. Soprattutto le donne.

Il monaco dallo sguardo magnetico parteciperà a lungo a banchetti e ricevimenti dove, seguendo alla lettera la propria filosofia chlisty, si abbandonerà ad ogni tipo di piacere. In presenza della famiglia imperiale, però, manterrà sempre una condotta irreprensibile, atteggiandosi a tutore dello zarevic Alessio e suo protettore. Tutti i rapporti della polizia segreta e dei deputati della Duma sulla condotta di Rasputin che arriveranno sulla scrivania dello Zar verranno sempre considerati maldicenze ordite dall’intellighenzia liberale. Nel marzo del 1915 un grosso esponente della gendarmeria – tale Dzunkovskij – oserà informare lo Zar che Rasputin si vantava in pubblico di poter manipolare a suo piacimento l’Imperatrice. Per tutta risposta fu licenziato e spedito al fronte. Rasputin non è assetato di lussuria e potere – assicurano i coniugi imperiali – tanto che ha rinunciato addirittura all’investitura per il vescovado di Tobol’sk, una delle diocesi più importanti dell’impero, propostagli dallo Zar in persona. Il furbo monaco-contadino sa che può esercitare la propria influenza maggiormente a corte piuttosto che condurre una vita da religioso (seppur riverito) lontano dalla capitale. Ma per Alessandra e Nicola il “gran rifiuto” è solo l’ennesima prova della santità dello starec siberiano.

Il destino di Rasputin resta segnato quando la Russia si getta nella Grande Guerra. Il conflitto, che avrebbe dovuto essere breve, si rivela una lunga carneficina. Le convinzioni religiose di Rasputin, seppur discutibili, sono comunque improntate ad un acceso pacifismo, alla fratellanza tra gli uomini. La guerra, con il suo macello di mugik (come lui) mandati al fronte avvilisce il monaco-contadino che, nell’autunno del 1915, comincia a pensare di poter influire sulla zarina Alessandra – reggente in vece di Nicola partito per il fronte – per condurre la Russia alla pace. Questa mossa, insieme a molte altre che porteranno alla nomina di ministri voluti dall’ “amico della tedesca” (come era chiamata Alessandra, principessa di origini tedesche), renderanno Rasputin inviso a molti poteri: la casta militarel’aristocrazia nazionalista, la destra, ma anche l’opposizione liberale.

Nasceranno così le teorie di complotto e delle “forze oscure”, dei traditori all’interno del paese ( con chiare allusioni a Rasputin e alla zarina) che vendono informazioni alla nemica Germania. Voce principale di questi attacchi è il deputato di estrema destra Vladimir Puriskevic: in un discorso agli inizi di dicembre del 1916, il politico – acerrimo nemico di Rasputin – afferma pubblicamente di “sollevare il paese contro i suoi nemici interni, e in particolare contro il nominato Grigorij Efimovic Rasputinaffossatore della Russia e della monarchia”. E’ solo uno dei passi che porterà alla caduta in disgrazia di Rasputin il quale, in un momento drammatico come quello del conflitto mondiale, assurgerà a uno dei capri espiatori delle continue sconfitte subite dall’esercito russo al fronte. Rasputin non fa nulla per difendersi dalle accuse, anzi le alimenta continuando le proprie manovre politiche per pervenire ad una pace immediata. Negli incontri con i personaggi più influenti che gravitano intorno alla corte non manca di sostenere tesi pacifiste e riconciliatorie nei confronti della Germania. Sembra, inoltre, che Rasputin fosse divenuto bersaglio anche dell’Intelligence Service britannico, che temeva un disimpegno militare della Russia. La Germania, infatti, avrebbe potuto liberare il fronte orientale per riversare le sue truppe contro gli Alleati. 

Tra il 1915 e il 1916 Rasputin non conduce una vita irreprensibile, e non solo dal punto di vista sessuale,: si parla con insistenza di mazzette che riceve da influenti membri del governo per poter intercedere presso la zarina (il ministro Protopopov era tra questi). Un ultimo tentativo per riuscire ad allontanare da corte il monaco è affidata al primo ministro Trepov, che offre a Rasputin una somma in rubli spropositata per lasciare la capitale immediatamente e tornarsene in Siberia. Rasputin non cede al tentativo di corruzione e ne informa la zarina. Il prestigio dell’ “unico amico della famiglia imperiale” assurge ai massimi livelli, dopo questa dimostrazione di fedeltà e attaccamento alle sorti della Corona. Di fronte a questa ennesima vittoria di Rasputin, non resta che il complotto omicida. E ad ordirlo non saranno membri dell’intellighenzia liberale e progressista, che comunque vedevano in quel contadino visionario e religioso un simbolo dell’immobilismo conservatore che stavano cercando di abbattere, bensì uomini appartenenti alla più pura aristocrazia russa, e per un opposto motivo. Liberare lo Zar e la sua famiglia dalla nefasta influenza di quel mugik che stava indebolendo la Corona e molto probabilmente aspirava al potere assoluto. 
Il complotto che avrebbe dovuto eliminare Rasputin fu ordito da un folto gruppo di personalità. I più rappresentativi erano sicuramente il granduca Dmitrj Pavlovic, il già citato Puriskevic e l’ambiguo principe Feliks Jusupov. Quest’ultimo era una figura molto particolare dell’alta società pietroburghese: effemminato (molto probabilmente di tendenze omosessuali), grande ammiratore di Oscar Wilde e ossessionato dal desiderio di passare alla storia, ma allo stesso tempo pavido e inconcludenteFeliks era già venuto in contatto – negli anni precedenti – con il magnetico starec di corte. Tra i due si era venuta a creare una strana sintonia, e sembra che Rasputin fosse in un certo modo affascinato dagli atteggiamenti del giovane aristocratico, così diverso da lui. Altro particolare non trascurabile – e intrigante per il monaco – Jusupov era sposato con una delle donne più belle di Russia, Irina Aleksandrovna, la quale era di carattere estremamente riservato e appariva di rado in società.

Feliks Jusupov, benché negli ultimi anni avesse imparato a disprezzare Rasputin, cominciò ad avvicinarvisi e a frequentarlo con regolarità. Per diversi mesi il giovane principe e il rozzo contadino siberiano si incontrarono in serate dedicate alla musica (Jusupov suonava e cantava con perizia) e alla danza, che Rasputin amava spassionatamente.

La tela di ragno che avrebbe dovuto intrappolare Rasputin si andava tessendo giorno dopo giorno, fino alla data prefissata, che avrebbe dovuto cadere nella notte tra il 16 e il 17 dicembre 1916. Nel frattempo alcune voci su possibili attentati al monaco circolavano per la capitale, e lo stesso Rasputin non mancava in qualche occasione mondana di predire il proprio triste destino, collegandolo ad un’inevitabile conseguente “fine della Russia”.

Nelle ultime settimane prima dell’agguato era stato convinto a lasciare raramente la propria abitazione in Via Gorohovaja 64, e lo stesso ministro Protopopov lo aveva avvertito dell’esistenza di un complotto per eliminarlo. E arrivò la notte del 16 dicembreL’uccisione di Rasputin era stata studiata nei minimi particolari: Jusupov disse al monaco che sarebbe passato a prenderlo per portarlo nella sua bellissima casa, dove avrebbe conosciuto la moglie, gozzovigliato con pasticcini e madera (il liquore preferito dal siberiano) per poi recarsi nel quartiere zigano per una probabile orgia. Dopo la mezzanotte, la carrozza del principe Jusupov (alla cui guida – travestito – stava uno dei cospiratori più importanti, quel dottor Lazavert che preparò il potente veleno che avrebbe dovuto eliminare Rasputin) caricò la vittima predestinata, vestita per le grandi occasioni. Le strade della capitale, in quella fredda notte di dicembre, erano deserte, e pochi occhi indiscreti avrebbero potuto fare da testimoni. Lo stesso Rasputin – su consiglio di Jusupov – aveva evitato di dire ad alcuno dove si recava. 

La scena del delitto fu in un salotto di casa Jusupov. Per due interminabili ore Rasputin attese l’arrivo dell’affascinante moglie di Jusupov (che tra l’altro non era nemmeno in città), intrattenuto dal principe con la musica, e degustando i famosi pasticcini e madera avvelenati. Il resto dei congiurati aspettava al piano superiore. Con grande sorpresa e sgomento del già emotivo principe, il rozzo mugik siberiano resisteva all’effetto del veleno (cianuro potentissimoche aveva assimilato in quantità impressionanti, attraverso innumerevoli sorsi del vino liquoroso. Che fosse veramente un super-uomo dai poteri paranormali ? Ai primi sintomi di debolezza di RasputinJusupov, in preda al panico e col pretesto di chiamare un dottore, salì al piano superiore dove convenne con gli altri congiurati di eliminare il monaco con un colpo di pistola. Se Rasputin avesse abbandonato la villa il piano sarebbe miseramente fallito. Le testimonianze a questo punto sono confuse. Non si sa con certezza chi fu a sparare a Rasputin, se lo stesso principe Jusupov, il deputato Puriskevic o il granduca Dmitrj PavlovicLa cosa sconvolgente fu chegonfio di veleno e colpito vicino al cuoreRasputin riuscì a riprendere conoscenza, a raccogliere le forze per uscire dalla villa (mentre i congiurati in un’altra stanza decidevano che fare del “cadavere”) e a gettarsi in fuga nel giardino innevato verso il cancello d’uscita e la salvezza. Rincorso e raggiunto a pochi passi dal cancello dai congiurati, fu ripetutamente colpito al cranio da Jusupov con un manganello: pochi secondi e venne la morte.
Con l’aiuto dei domestici il corpo di Rasputin venne avvolto in una coperta, legato e gettato nel canale Malaja Mojka.

Per una sequenza di errori e di eventi sfortunati il segreto del complotto durò meno di quarantotto oreIl 19 dicembre veniva ripescato il corpo congelato e devastato di Grigorij Rasputin. L’autopsia rivelò l’assenza di tracce di veleno nel corpo della vittima, e questa sarebbe per alcuni storici la prova che il tentativo di avvelenamento non fu nemmeno messo in atto.

La zarina Alessandra accolse con disperazione la notizia, mentre diverse fonti narrano di un Nicola abbastanza indifferente all’accaduto. Negli ultimi mesi aveva infatti espresso preoccupazione per il ruolo sempre più ingombrante che Rasputin stava assumendo a corte. Forse grazie a questo atteggiamento dello Zar – ma sicuramente anche per il fatto che tra i congiurati c’erano nobili imparentati con la Corona – nessuno subì una punizione esemplareJusupov non venne toccato e riuscì in seguito anche ad evitare la Rivoluzione trasferendosi a Parigi e abbandonando una Russia che non era più sua. La Duma si schierò compatta a difesa di Puriskevic, che sarebbe partito con il dottor Lazovert per il fronte. Il granduca Dmitrj si sarebbe recato in Persia al seguito del generale Baratov. Terminava così l’incredibile storia di Gregorij Efimovic Rasputin, un contadino semi-analfabeta che – come nelle vecchie fiabe e leggende dell’umanità – emerse dall’oscurità di un piccolo villaggio siberiano per toccare la vetta di un potere quasi assoluto. Ben presto ci si dimenticò di quella strana figura che per anni aveva affascinato, inquietato e terrorizzato la società russa. La Russia era sull’orlo di una tragedia molto più imponente.
In quell’uomo spacciato che, ferito a morte e imbottito di veleno, scappava arrancando nella neve inseguito dai suoi assassini, c’era tutta la Russia, la vecchia Russia fuori dal tempo, avvinghiata a un mondo che la storia stava spazzando via.

Inserito da Cristina Genna Blogger

 

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