Operazione geronimo. I misteri di bin Laden

Operazione geronimo. I misteri di bin Laden

I talebani non ci credono. Per loro Osama bin Ladennon è morto. «Dato che gli americani non hanno prodotto nessuna prova accettabile per sostenere il loro annuncio, e dato che gli stretti collaboratori non hanno confermato o smentito la sua morte, l’Emirato islamico considera prematura qualsiasi asserzione al riguardo», ha detto secco il portavoce degli studenti coranici afghani, Zabibullah Mijahid, in un comunicato inviato ai media per posta elettronica.
L’ULTIMA BUFALA. Effettivamente nel day after dell’operazione Geronimo, nome in codice di bin Laden, condotta dagli Stati Uniti in Pakistan, sono trapelate con il gontagocce solo voci, indiscrezioni, comunicati discordanti. Puntuale è arrivata anche l’ultima fotografia dello sceicco del terrore morto, palesemente ritoccata e presa con dubbio gusto dal film Black Hawk Down. Speculazioni nate dalla mancanza della prova regina dell’eliminazione di bin Laden: le immagini.

Il dubbio di Washington: divulgare o meno le immagini?

Un fotogramma del video sull’uccisione di bin Laden da parte delle forze speciali Usa.

 

Washington prende tempo e sta valutando se diffondere o meno un video girato da un ufficiale della marina militare americana durante il funerale islamico, che poi secondo osservanti musulmani tanto islamico non è, del capo di al Qaeda girato prima della sua sepoltura in mare. Secondo la religione islamica, infatti la cerimonia funebre deve avvenire al massimo a 24 ore dalla morte. Ed è consentito consegnare la salma al mare solo se il decesso avvienea bordo di un’imbarcazione.
MANCANO LE FOTO DEL BLITZ. Il corpo di bin Laden è stato gettato dalla portarerea Carl Vinson. Ma le immagini di un sacco nero che viene fatto scivolare in mare, senza quelle del cadavere non dissiperebbero tutti i dubbi.
Non sono state pubblicate nemmeno le foto ‘ufficiali’ scattate dagli americani dopo l’incursione e alla base della mancata divulgazione, secondo quanto riferito in una conferenza dal portavoce della Casa Bianca Jay Carney, ci sarebbe la loro natura «raccapricciante», «potenzialmente incendiaria» e lesiva della sensibilità del pubblico di qualunque confessione religiosa.
L’ENIGMA DEL VIDEO. Ci sarebbe anche un video, anche questo non divulgato. Mentre l’unica certezza sono i pc del leader di al Qaeda recuperati all’interno della villa bunker di Abbotabad i cui file sono all’esame di almeno un centinaio di esperti della Cia.

I pc dello sceicco: «Una miniera d’oro» in mano alla Cia

(© Getty Images) Leon Panetta, il capo della Cia promosso a segretario alla Difesa Usa.

 

Nel compound di Abbotabad sono stati infatti trovati i computer del nemico pubblico numero uno dell’Occidente su cui l’intelligence ha già messo le mani definendoli «una miniera d’oro, anche se fosse possibile utilizzarne solo il 10%».
«Vi lascio immaginare che cosa si può trovare su un disco rigido di Osama bin Laden», ha spiegato un funzionario Usa al Politico. Senza contare che gli uomini dell’intelligence Usa hanno recuperato anche chiavette usb, dischi e altri dispositivi elettronici.
«POTREMO DISTRUGGERE AL QAEDA». Il capo della Cia Leon Panetta, che può lasciare con la coscienza a posto l’incarico per passare alla Difesa, ha detto, non senza una punta di soddisfazione, che «l’impressionante quantitativo di materiale» rinvenuto dovrebbe permettere agli Stati Uniti di raggiungere l’obiettivo di «smantellare e distruggere al Qaeda».

Dubbi sulla dinamica dell’irruzione: Osama con figli e bambini

La valle di Abbotabad, dominata dalla città fondata da James Abbott nel 1853.

 

Sono molti altri i nodi che restano oscuri. E Washinton non ha aiutato a fare chiarezza sulla ricostruzione del blitz.
Dopo aver raccontato di una sparatoria, il 3 maggio i vertici Usa hanno fatto marcia indietro: Osama non era armato al momento dell’irruzione dei 79, e non 14 come era stato detto all’inizio, incursori della marina.
CHI HA PREMUTO IL GRILLETTO? Bin Laden sarebbe stato ucciso con un colpo d’arma da fuoco alla testa. Ma, anche in questo caso, le versioni sono discordanti. Secondo il Pentagono a sparare sono stati gli uomini del commando. Diversa la versione fornita da fonti vicine ad al Qaeda per le quali a uccidere lo sceicco sarebbe stato, invece, uno dei suoi fedelissimi che da tempo aveva ordini precisi in merito, per impedire che cadesse vivo in mano ai militari.
CON FIGLI E BAMBINI. C’è un altro particolare su cui è stata fatta luce: Osama non era solo al momento dell’assalto. Con lui si trovavano bambini, figli e mogli. In tutto una ventina di persone. Una figlia, di 12 o 13 anni, avrebbe rittura assistito addirittura all’esecuzione del padre. I piccoli ora sono stati presi in custodia dai militari pachistani. Secondo il ministero degli Esteri di Islamabad, alcuni di loro hanno bisogno di assistenza medica e sono stati affidati alle cure delle migliori strutture. È stato assicurato, inoltre, che verranno consegnati ai «loro Paesi di origine».

Pakistan, i dubbi americani sull’affidabilità dell’alleato

Barack Obama stringe la mano all’ammiraglio Mike Mullen, dopo il blitz che ha portato alla morte di bin Laden.

 

Un altro punto fermo pare essere stato messo sulla mancata partecipazione di militari pachistani all’operazione. Gli Stati Uniti hanno confermato di non avere fiducia nell’intelligence del traballante e volubile alleato: troppo alto il rischio di possibili rappresaglie dei qaedisti contro Islamabad e, giustificazione forse più credibile, troppo elevato il timore che qualche infiltrato dell’Isi avrebbe potuto fare una soffiata a bin Laden e al suo clan facendoli fuggire, per l’ennesima volta.
IL RUOLO DELL’ISI. Del resto, nell’edificio, a un centinaio di chilometri dalla capitale pachistana, i bin Laden hanno soggiornato a lungo. Almeno cinque anni. Impossibile non immaginare, per questo, una qualche forma di connivenza con l’Isi.
Tuttavia, i servizi di intelligence pachistani, pur confermando di non essere al corrente dell’operazione, hanno rivendicato la paternità dell’arresto di Abu Faraj al Libi, il capo operativo del network del terrore. È stato lui, hanno spiegato fonti Usa al New York Times, a svelare alla Cia la rete di corrieri e messaggeri di bin Laden.
FREGATO DA UN PIZZINO. L’intelligence americana è, infatti, giunta alla localizzazione di ‘Geronimo’ grazie alle rivelazioni ottenute durante gli interrogatori serrati di alcuni detenuti tra cui Khaled Sheikh Mohammed, uno dei registi dell’attentato dell’11 settembre, e proprio di al Libi.
Rivelazioni preziose che hanno permesso di individuare il corriere dello sceicco. Il covo infatti era totalmente isolato dal mondo esterno: niente satellitari e connessione alla Rete. L’unico modo con cui Osama comunicava con i suoi fedelissimi erano ‘banalissimi’ pizzini consegnati di persona.

Barack Obama in versione falco che esulta: «We got him»

Si è saputo qualcosa in più, infine, anche circa la tempistica dell’attacco. L’operazione, pianificata a marzo, è scattata dalla base di Jalalabad, in Afghanistan. Quattro elicotteri si sono levati in volo diretti ad Abbotabad.
In Pakistan era da poco passata la mezzanotte del primo maggio, a Washington erano le tre del pomeriggio. Obama era chiuso nella Situation Room, assieme al suo vice Joe Biden, il segretario di Stato Hillary Clinton, il ministro della difesa Robert Gates. Panetta si trovava, invece, nel quartier generale della Cia da dove illustrava i momenti clou del blitz.
IL GIALLO DELL’ELICOTTERO. Non è ancora chiaro, invece, se almeno uno degli elicotteri usati per l’operazione sia stato distrutto a fine intervento. Secondo gli Usa gli uomini del commando lo hanno fatto saltare in aria perché il velivolo aveva avuto un guasto tecnico e non poteva ripartire; secondo i qaedisti era stato colpito e messo fuori uso da chi difendeva la villa-fortezza
Elicottero a parte, a giochi fatti, un Obama in versione falco ha esclamato, ben prima del video ufficiale: «We got him», lo abbiamo preso. Preparandosi, così, a incontrare i parenti dell’attentato al World Trade Center giovedì 5 maggio.
SCATTA UNA NUOVA ALLERTA. Una esultanza tutta americana che ha fatto tornare alla mente le identiche parole pronunciate nel dicembre 2003 da Paul Bremer, allora punto di riferimento americano in Iraq quando annunciò alla stampa e al mondo intero la cattura del tiranno Saddam Hussein.
Ma l’orgoglio e la soddisfazione hanno lasciato presto il posto a una nuova allerta. Il ministro della giustizia Usa Eric Holder ha già lanciato l’allarme sui rischi di rappresaglia contro gli Stati Uniti o i loro interessi all’estero.
CINQUE FERMI IN GRAN BRETAGNA. E la Gran Bretagna ha alzato la guardia. Cinque bengalesi sono stati fermati in Cumbria mentre filmavano con una videocamera l’impianto nucleare di Sellafield, mentre i media hanno cominciato a pubblicare rumors secondo cui la luna di miele del principe William e Kate è stata rinviata in relazione al raid contro bin Laden.
Come dire, giustizia sarà anche stata fatta ma l’incubo non è finito.

Inserito da Cristina Genna Blogger

 

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