La scuola era terminata e al gruppo di amiche non restava che divertirsi. I genitori delle ragazze avevano tutti optato per qualche giorno dai parenti o ferie separate.
“Pigiama party a casa mia: film e naturalmente fiumi d’alcol e pettegolezzi sui ragazzi più belli del liceo!”, aveva proposto una di loro.
Fuori si percepiva la calma tipica che si crea nelle assonnate serate d’agosto dove la città si svuota e le strade sono semideserte; nella camera della ragazza tante sonore risate. Bottiglie d’alcolici sono sparse sul pavimento.
“Basta parlare di bei sederi”, esclama una di loro. “Ora vi racconto invece una storia da brivido. Avete mai sentito parlare della Llorna?”.
“Llorna?”, interviene una di loro. “Mi sembra un nome da escort o da trans.” Si scatena così l’ilarità generale, che viene interrotta dallo sguardo severo della narratrice. “Non devi scherzare su queste cose, porta sfortuna. Llorna era una bellissima donna spagnola. Si parla di tanto tempo fa quando le donne non potevano scegliere di sposarsi per amore, ma venivano usate come ‘merce di scambio’ per gli interessi delle famiglie. Il marito di Llorna era un uomo severo che spesso la picchiava. Ebbe diversi figli che rappresentavano la sua unica gioia di vita. Poi, un giorno, il marito uscì di casa e non tornò più. La povera donna si ritrovò in completa povertà. I risparmi terminarono presto, nessuno le dava un lavoro e non sapeva più come sfamare i suoi figli. Le restava un’unica via. Li annegò nel fiume. Mentre si trovava ancora immersa nell’acqua e reggeva tra le braccia uno dei piccoli corpi senza vita, realizzò il gesto terribile che aveva compiuto. Presa dal rimorso cercò invano di rianimarli, poi, lanciando un disperato urlo di dolore, si lasciò trascinare via dalla corrente. Il suo corpo non venne mai ritrovato e sembra che il suo spirito vaghi ancora sulla terra alla ricerca dei figli perduti. Come per le banshee in Irlanda, la leggenda vuole che l’immagine della Llorna porti sventura e compaia alle persone preannunciandone la morte. Sembra che sia vestita completamente di nero a lutto, che dai suoi occhi sgorghino lacrime di sangue e abbia un’enorme bocca spalancata dal quale emette un sibilo assordante.”
“Mi hai fatto venire la pelle d’oca”, commenta una delle ragazze mostrando come prova il braccio.
“A proposito di sangue”, aggiunge un’altra. “La conoscete la vera storia di Bloody Mary?”
Sguardi incuriositi sono concentrati su di lei. Beve un sorso di vodka e arancia per schiarirsi la voce e inizia a raccontare.
“Si dice che Bloody Mary sia una strega bruciata sul rogo la cui anima ritorni e si presenti a chiunque la invochi. In realtà si tratta, anche in questo caso, di una maledizione scaturita da una tragedia famigliare. Nei secoli scorsi molte cure non si conoscevano ancora e c’era il terrore delle malattie, come ad esempio la peste, che provocavano epidemie e diffondevano morte. La quattordicenne Mary, figlia del medico del villaggio, sembrò essersi ammalata di tifo. Aveva la febbre altissima e giaceva a letto in stato incosciente. Sebbene fosse ancora viva, per scongiurare una possibile epidemia, il padre decise di adagiarla dentro una bara e seppellirla nel giardino fuori casa. La madre, disperata per quella atroce decisione, pensò almeno di legare al polso di Mary uno spago collegato a una campanella fissata alla porta di casa. Se fosse miracolosamente guarita o si fosse risvegliata, avrebbe udito lo scampanellio e salvato la figlia da quella tortura. Scoperto l’astuto stratagemma, il medico somministrò alla moglie della morfina facendola cadere in un sonno profondo. Quando si fece giorno e la donna si risvegliò, corse immediatamente fuori dalla casa. Lo spago era rotto e la campanella muta, per terra. Mary doveva essersi risvegliata durante la notte agitandosi nella bara. La fecero disseppellire e si trovarono di fronte a uno spettacolo raccapricciante. Mary aveva gli occhi spalancati, il terrore ancora impresso nelle pupille senza vita. Doveva essere morta per lo spavento e per soffocamento. Il vestito imbrattato dal sangue delle dita scarnificate che avevano cercato una via d’uscita, le unghie conficcate tra le venature del legno. Si dice che lo spettro adirato della ragazzina compaia a chi la evochi ripetendo per tre volte di seguito ‘Bloody Mary’. Ai più fortunati rivelerà il futuro, altrimenti si scaglierà con le mani artigliate sul viso dello sventurato, deturpandoglielo per sempre.”
Ci fu un attimo di silenzio. Si guardarono impaurite come se la presenza di Mary si aggirasse per la camera.
“Dai, è solo una leggenda metropolitana”, cercò di sdrammatizzare una di loro.
“E allora fallo”, aggiunse un’altra in tono di sfida.
“Fare cosa?”
“Vai nel bagno e pronuncia per tre volte il suo nome. Se è solo una leggenda, non puoi avere paura.”
Ebbe un attimo di esitazione, poi si alzò in piedi. “Ok, lo faccio.”
Entrò nell’adiacente stanza da bagno e si chiuse la porta alle spalle.
“Mi sentite?”, chiese.
“Forte e chiaro”, risposero le altre all’unisono.
“Bene, allora comincio. Sto fissando lo specchio. Bloody Mary.” Una pausa, poi di nuovo. “Bloody Mary”. Pochi secondi che sembrarono durare
un’eternità e poi la terza invocazione. “Bloooooody Maryyyyy”.
Seguì un silenzio colmo di tensione. Le ragazze nella camera stavano trattenendo inconsciamente il fiato.
“E’ tutto ok, sono ancora viva!”, si sentì esclamare da dietro la porta.
Il gruppo si lasciò trasportare da una risata liberatoria che s’interruppe all’istante per un improvviso calo di tensione della luce nella casa. Poi sentirono la loro amica lanciare un urlo e udirono un tonfo, come di un corpo che cadeva.
La porta si socchiuse. Per un solo istante videro un volto di donna che le osservava. E non era quello della loro amica…
Si scherza spesso sul rito di Bloody Mary. Nessuno ci crede realmente, eppure chiedete al più scettico dei vostri amici di porsi davanti a uno specchio e recitare la maledetta formula magica. Curiosamente, in pochi avranno il coraggio di provare.
L’omonimo cocktail invece non è stato battezzato in onore della strega: si tratta di un’ennesima leggenda metropolitana. Esistono due versioni sulla sua origine. La prima, fu merito della star hollywoodiana Mary Pickford che soleva bere un mix di rum, granatina e maraschino. Per la seconda dobbiamo fare un salto temporale di qualche decennio. Negli anni ’60, prese piede un cocktail a base di vodka, salsa di pomodoro, tabasco e spezie varie col nome di Bloody Mary per il richiamo al colore rosso sangue o forse in onore della regina Maria I d’Inghilterra, definita ‘la sanguinaria’ per aver condannato a morte centinaia di oppositori religiosi protestanti.
CURIOSITA’: una versione italiana di questa leggenda racconta che un ragazzo, per scommessa, legge davanti allo specchio la preghiera dell’Ave Maria, ma al contrario. Forse le “divinità” si sono irritate, perché subito dopo lo specchio è esploso.
Inserito da Cristina Genna Blogger
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