Io, ebreo, salvato da Bartali

Io, ebreo, salvato da Bartali

Gino Bartali nascose la famiglia Goldenberg

Tratto da Moked, il portale dell'ebraismo italiano

Si apre un nuovo e straordinario fronte della Memoria su Gino Bartali, grandissimo corridore ma anche eroico salvatore di ebrei durante la seconda Guerra Mondiale che lo vide in prima linea nell’opera di salvataggio di centinaia di perseguitati tra Toscana e Umbria. Il fiumano Giacomo Goldenberg racconta infatti su Pagine Ebraiche di gennaio (in distribuzione nei prossimi giorni) di essere stato nascosto per alcuni mesi nella cantina di una casa fiorentina di proprietà di Ginettaccio e di suo cugino Armandino Sizzi insieme ai suoi familiari (padre, madre e una sorellina) e di essere pronto a fornire una versione scritta dei suoi ricordi da inviare allo Yad Vashem per contribuire all’appello lanciato da Pagine Ebraiche in primavera in cui si chiedevano a gran voce testimonianze di sopravvissuti per piantare un albero in onore di Bartali nel giardino in cui si celebrano i Giusti della Shoah. Fino ad oggi l’appello aveva permesso di raccogliere due preziose testimonianze cartacee a cui si affiancano adesso le parole di Goldenberg che rivelano ancora una volta il grande cuore e il grande eroismo di Bartali. Raggiunto telefonicamente da Adam Smulevich nelle scorse ore, Goldenberg indica in uno stabile di via del Bandino nel quartiere di Gavinana il luogo in cui fu nascosto negli ultimi mesi di occupazione nazista della città. “Gino e Armandino – dice Goldenberg – sono due eroi della Resistenza a cui devo la vita”.


Tratto da il corrierefiorentino.it

 «Io, ebreo, salvato da Bartali»

A raccontare la sua storia è Giorgio Goldenberg, 78enne ebreo di origine fiumana, che ora vive a Kfar Saba, in Israele sul mensile Pagine Ebraiche

Il grande ciclista Gino Bartali salvò una famiglia ebrea di Fiume nascondendola nello scantinato di sua proprietà a Firenze. Lo rivela un articolo pubblicato sul mensile cartaceo dell'Ucei «Pagine Ebraiche», in distribuzione nei prossimi giorni. A raccontare la sua storia è Giorgio Goldenberg, 78enne ebreo di origine fiumana, che ora vive a Kfar Saba, in Israele. «In quella cantina fiorentina con affaccio su un piccolo cortile interno - si legge nell'articolo di Adam Smulevich - Giorgio ebbe modo di nascondersi insieme ai genitori negli ultimi mesi di occupazione tedesca grazie a uno dei suoi proprietari, un agile trentenne di Ponte a Ema, campione sui pedali e nella vita».

«Quel signore si chiamava Gino Bartali - spiega Goldenberg a Pagine Ebraiche e aggiunge - La cantina era molto piccola. Una porta dava su un cortile, ma non potevo uscire perché avrei corso il rischio di farmi vedere dagli inquilini dei palazzi adiacenti. Dormivano in quattro in un letto matrimoniale: io, il babbo, la mamma e mia sorella Tea». E' stato proprio il mensile, che raggiunge tutti gli ebrei italiani, ad aprile scorso a lanciare un appello per trovare testimonianze utili per piantare un albero in onore di Gino Bartali allo Yad Vashem, uno dei luoghi della Memoria più sacri per il popolo ebraico. «Bartali - si legge nell'articolo - fingeva di allenarsi per le grandi corse a tappe che sarebbero riprese dopo il conflitto, ma in realtà pedalava per la libertà, celando nel sellino della bicicletta nuovi e salvifici documenti di identità che fece recapitare a circa 800 ebrei nascosti in case e conventi tra Toscana e Umbria». L'appello di Pagine Ebraiche ha portato finora a due testimonianze cartacee a cui si affiancano adesso le parole di Giorgio Goldenberg.


 

Tratto da corrieredellosport.it, Leandro De Sanctis

Gesto eroico dell’asso del ciclismo durante la seconda guerra mondiale. Il merito della rivelazione, l’ennesima che rende ancor più grande la figura del popolare Ginettaccio, è della rivista mensile “Pagine Ebraiche”

ROMA, 28 dicembre - Gli orribili anni della guerra celano tanti episodi di eroismo autentico, atti e gesti compiuti dalla gente che non indossava altra divisa che quella della sua coscienza, di un’umanità non abbrutita e cancellata dagli orrori del tempo. La maggior parte degli eroi civili resta sconosciuta, fino a che qualche goccia di memoria non pervade il velo dell’oblìo riportando a galla coraggio e paure, incoscienza e valore civile, gesti da medaglia della gratitudine che in quell’Italia assumevano un significato di inestimabile valore. Stavolta l’eroe è un campione amatissimo dagli italiani, Gino Bartali, l’asso del ciclismo che proprio a causa della seconda guerra mondiale vide penalizzata una carriera che sarebbe stata ancor più straordinaria. Il merito della rivelazione, l’ennesima che rende ancor più grande la figura del popolare Ginettaccio, è della rivista mensile “Pagine Ebraiche”, che raccoglie la testimonianza diretta del signor Giorgio Goldenberg, ebreo di origine fiumana, oggi 78enne e residente in Israele, a Kfar Saba.
 
IN CANTINA - Solai e cantine erano posti obbligati se si voleva tentare di sfuggire ai nazisti. Ma servivano la complicità ed il coraggio di chi non era ebreo. Cosa fece il giovane Bartali? Nascose nella cantina casalinga, a Firenze, la famiglia di Giorgio, salvandole la vita nell’ultimo periodo dell’occupazione nazista. «In quella cantina fiorentina con affaccio su un piccolo cortile interno - si legge nell'articolo di Adam Smulevich - Giorgio ebbe modo di nascondersi insieme ai genitori negli ultimi mesi di occupazione tedesca, grazie a uno dei suoi proprietari, un agile trentenne di Ponte a Ema, campione sui pedali e nella vita. Quel signore si chiamava Gino Bartali. La cantina era molto piccola - ricorda Giorgio - Una porta dava su un cortile, ma non potevo uscire perché avrei corso il rischio di farmi vedere dagli inquilini dei palazzi adiacenti. Dormivamo in quattro in un letto matrimoniale: io, il babbo, la mamma e mia sorella Tea. Non so dove i miei genitori trovassero il cibo. Ricordo solo che il babbo non usciva mai da quella cantina mentre mia madre usciva con due secchi a prendere acqua da qualche pozzo». Nella scorsa primavera il mensile aveva lanciato un appello, nell’intento di trovare testimonianze tali da giustificare un atto significatico: piantare un albero in onore di Gino Bartali allo Yad Vashem, sacro luogo della Memoria per il popolo ebraico.
 
CORAGGIO - Si era infatti già venuto a sapere del coraggio di Bartali, diventato una specie di staffetta della speranza: sempre pedalando, raccoglieva i fondi provenienti da conti degli ebrei e messi a disposizione per salvare quanta più gente possibile. Da Genova a Firenze, gettando il cuore oltre la paura. Si allenava per le corse ciclistiche che sarebbero riprese appena finito il conflitto ma pedalava anche per la libertà di tanti ebrei, e quando i nazisti lo fermavano, quasi sempre si cominciava a parlare di ciclismo. Nel sellino della bicicletta nascondeva nuovi documenti di identità che avrebbero consentito di salvare la vita a circa ottocento ebrei che erano nascosti in case e conventi della Toscana e dell’Umbria. Centinaia di chilometri in bici per portarli nella tipografia di un monastero, a San Quirico, nei pressi di Assisi, dove inchiostro, timbri e compassione, beffavano la crudeltà nazista. Per queste 800 vite salvate, il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, conferì a Gino la medaglia d’oro al merito civile, alla memoria, appuntandola al petto della signora Bartali. 


IL FIGLIO - La rivelazione, rilanciata dalla Adn- Kronos, ha commosso anche Andrea Bartali, il figlio e presidente dalla Fondazione GIno Bartali onlus: «Una volta di più dimostra il grande cuore di mio padre. E’ una cosa bellissima»

 

 


 

Tratto da ilmessaggero.it

 

 

Shoah, Bartali e l'altra vita da campione: «Vivi perché ci nascose in cantina»; Il racconto di Giorgio Goldenberg, ebreo che vive a Kfar Saba
«Rischiò la vita per salvarci dai nazisti. Avrà un albero allo Yad»

FIRENZE (27 dicembre) - Il grande campione di ciclismo Gino Bartali nascose una famiglia di ebrei nella cantina di casa sua a Firenze, ma l'episodio finora è rimasto sconosciuto a tutti: ne ha avuto testimonianza per la prima volta il mensile Pagine Ebraiche. «Sono vivo perchè Bartali nascose me e la mia famiglia in cantina», ha raccontato al periodico Giorgio Goldenberg, 78enne ebreo originario di Fiume, che oggi vive a Kfar Saba, in Israele. Finora si conosceva l'azione di corriere clandestino di Gino Bartali, che recapitò documenti falsi a circa 800 ebrei nascosti in case e conventi di Toscana e Umbria, ma nulla si sapeva di un suo coinvolgimento diretto nell'opera di nascondimento dei perseguitati. 

«Me lo rammento benissimo quando Bartali e suo cugino Armandino Sizzi vennero nel salotto di casa nostra, a Fiesole, a parlare con i miei genitori - ha raccontato Goldenberg - Con l'arrivo dei nazisti a Firenze la situazione diventava sempre più drammatica per gli ebrei e dovevamo nasconderci». Bartali, uomo di ideali ma anche pratico, ospitò la famiglia Goldenberg correndo un rischio enorme da cui non l'avrebbe potuto salvare neppure la fama già acquisita di campione sportivo. «La cantina della casa di via del Bandino, nel rione di Gavinana, era molto piccola - ha ricordato Giorgio Goldenberg - Una porta dava su un cortile ma non potevo uscire perchè avrei rischiato di farmi vedere dagli inquilini dei palazzi adiacenti. Dormivamo in quattro in un letto matrimoniale: io, il babbo, la mamma e mia sorella Tea. Non so dove i miei genitori trovassero il cibo. Ricordo solo che il babbo non usciva mai, solo mia madre usciva con due secchi a prendere acqua da qualche pozzo». 

I Goldenberg rimasero nascosti fino all'arrivo degli Alleati nell'agosto del 1944. La testimonianza potrebbe diventare decisiva per piantare un albero in onore di Gino Bartali allo Yad Vashem, uno dei luoghi della memoria più sacri al popolo ebraico, iniziativa per la quale ci sono stati già vari appelli. «È una notizia bellissima che dimostra ancora una volta il grande cuore di mio padre e che spero ci aiuti a piantare presto questo benedetto albero in Israele», ha commentato uno dei figli di Gino, Andrea Bartali, presidente e anima della fondazione che negli anni mantiene vivo il ricordo dell'eroismo di Ginettaccio.

 

p>Inserito da Cristina Genna Blogger

 

 

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