“Club 27” è un’espressione giornalistica ormai diventata di uso comune per indicare quel gruppo di artisti, in maggioranza musicisti, deceduti a 27 in modo più o meno chiaro: omicidi, suicidi, incidenti, overdose… la lista dei giovani colpiti da questa “maledizione” continua, purtroppo, ad allungarsi, facendo vittime in tutto il mondo. Addirittura, sarebbe nata una sottocategoria, definita “J27“, che includerebbe tutti gli artisti morti a 27 anni, che nel nome o nel cognome presentavano una J: Robert Johnson, Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Amy Jade Winehouse… insomma, esistono una serie di dettagli molto particolari, che potrebbero davvero portare a credere che ci sia un sortilegio nascosto. Soprattutto se si considera che alcuni dei nomi inclusi nel Club 27 sono protagonisti di storie sospese e vagamente macabre…
ROBERT JOHNSON E IL PATTO COL DIAVOLO: CHI ERA IL PRIMO MEMBRO DEL CLUB 27?
Di Robert Johnson si sa davvero pochissimo: nato in Mississippi nel 1911, figlio di una relazione extraconiugale, cresce appassionandosi alla musica ed imparando a suonare armonica a bocca e chitarra. Nel ’29 si sposa con Virgina Travis e si trasferisce a Robinsonville: nel ’30 la sua vita viene sconvolta dalla morte della moglie e Robert, disperato, comincia a vagare per il Mississippi, diventando un forte bevitore. Nel 1931 si risposa con Calletta Craft, ma anche questa unione naufraga dopo poco.
L’abilità di Johnson con la chitarra sarebbe, secondo la leggenda alimentata dallo stesso protagonista, una conseguenza del patto che il musicista avrebbe deciso di stipulare con il diavolo: la sua anima per poter suonare meglio di chiunque altro. La sua tecnica è quella del fingerpicking(toccare le corde solo con le dita e senza mai usare il plettro) ed i suoi testi parlano spesso di demoni e spettri: alcuni musicisti raccontano della sua iniziale goffaggine con la chitarra, una goffaggine che diventò un incredibile talento dopo un anno di assenza, a seguito della morte della moglie Virginia. Chi incontrò durante i suoi viaggi? Un maestro del blues o un’entità sovrannaturale?
Anche la sua morte a soli 27 anni è avvolta nel mistero: non ci sono dati precisi sulla causa del decesso ed alcune fonti rivelano che ai medici fu impossibile, ma non si sa per quale motivo, prestargli soccorso nella fase di agonia, durata due giorni. Un’altra delle conseguenze della magia nera o un avvelenamento pianificato nei minimi dettagli?
JIM MORRISON E’ ANCORA VIVO?
Alcuni dei fan di Jim Morrison ne sono convinti: il cantante dei Doors non è morto il 3 luglio del 1971, ma è vivo, da qualche parte, e si dedica alle sue poesie.
Ma come sono andati i fatti? Jim Morrison, quarto membro onorato del Club 27, si trovava a Parigi con la sua ragazza, Pamela Courson: il trasferimento era avvenuto a marzo ed era stato voluto dal musicista per poter smettere di bere e dedicarsi esclusivamente alla scrittura. Il 3 luglio (2 anni esatti dopo la morte di Brian Jones – 3 luglio 1969), il cantante venne ritrovato morto all’interno della sua vasca, a soli 27 anni: nonostante il decesso sospetto, non venne ordinata una autopsia, quindi, ancora oggi, ne rimangono sconosciute le cause. Venne seppellito al cimitero di Père Lachaise diventando da subito meta di pellegrinaggi da parte di fan e curiosi.
Alcuni sostennero da subito, di non credere alla morte del cantante: più probabilmente, volendosi dedicare alla poesia e sentendosi soffocato dalla fama che aveva acquisito in quegli anni, Jim avrebbe inscenato il suo decesso, partendo per l’Africa e seguendo le orme del suo amato Arthur Rimbaud (tanto più che lo stesso Morrison avrebbe chiesto più volte ai suoi compagni e agli assistenti quali conseguenze avrebbe avuto la notizia della sua presunta morte).
Altri credono nella teoria del complotto, che vorrebbe la CIA impegnata nell’eliminazione degli artisti scomodi, simboli di una vita libera e del rifiuto della guerra nel Vietnam: Hendrix, Jones, Joplin e, appunto, Morrison. Nella realtà, nonostante in effetti restino dei dubbi sulla possibilità di un attacco di cuore, causa ufficiale della morte del cantante, negli anni si sono susseguite testimonianze che parlerebbero di un abuso di droga e di una conseguente overdose. Meno romantica, ma forse, purtroppo, più probabile.
KURT COBAIN: MEGLIO BRUCIARE IN FRETTA CHE SPEGNERSI LENTAMENTE
Kurt Cobain, leader dei Nirvana, si uccise il 5 aprile del 1994: allontanatosi dall’Exodus Medical Center di Los Angeles, dove stava seguendo un programma di disintossicazione, agli inizi di aprile volò a Seattle, dove sparì: alcuni lo intravidero, ma nessuno sapeva esattamente dove fosse. Il 3 aprile, Courtney Love, moglie del musicista, contattò l’investigatore privato Tom Grant per riuscire a ritrovarlo ed il giorno dopo diffuse un comunicato sulla sua scomparsa: l’8 aprile il corpo del cantante venne ritrovato da un elettricista all’interno della serra della sua casa sul Lago Washington. L’autopsia rivelò, oltre al colpo d’arma da fuoco auto inflitto, un’altissima concentrazione di eroina nel sangue. Ed è proprio qui che iniziano i primi dubbi.
Alcuni si chiesero come avesse fatto Kurt Cobain a spararsi dopo aver assunto una dose così alta di eroina, mentre altri misero l’accento sulla lettera d’addio che il cantante sembrava aver indirizzato più al mondo della musica che alla vita. I più increduli si spinsero ad accusare Courtney Love di omicidio, rigettando completamente l’ipotesi del suicidio.
Fra questi misteri irrisolti, l’unica certezza rimane l’ultimo messaggio di un ragazzo descritto da molti come sensibile ed estremamente fragile: “Io non provo più emozioni nell’ascoltare musica e nemmeno nel crearla e nel leggere e nello scrivere da troppi anni ormai. Questo mi fa sentire terribilmente colpevole.”
Inserito da Cristina Genna Blogger
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