La Sfavillante, Oscura Luce della Regina di Roma

La Sfavillante, Oscura Luce della Regina di Roma

di Aroldo Antonio

 

Molte persone credono che il "Potere" sia dato, esclusivamente, dalla forza economica o dalla supremazia politico-militare che un determinato soggetto ha a propria disposizione. La Storia, invece, ha spesso dimostrato che tutto ciò non è sempre la verità. La "Reale Forza" , di qualsiasi individuo che abbia una preminente posizione socio-politica o militare, dipende, soprattutto, dalla"Supremazia Psicologica" che una qualunque persona, (d'ogni estrazione sociale), riesce ad esercitare su gli altri individui della propria comunità. Questa determinata capacita deriva, in massima parte, dalla "Cultura di Vita" che un individuo possiede. Se questa, non tanto, inconsueta indole è usata in modo corretto ed equo può fare molto sia per il singolo individuo, che per l'intera comunità; viceversa, invece, se tale propensione è adoperata per imporre il proprio punto di vista agli altri e non cercare il "Compromesso" tra le parti, allora quest'inclinazione produrrà, soltanto, odio e discordia e rendera, in ultima analisi, l'individuo "Schiavo" del proprio "Potere". Nella Storia umana ci sono stati, (pur troppo ci sono ancora), molti esempi di questo tipo di "Schiavitù" . Una prova molto concreta di quanto ho appena affermato è data dalla biografia di Lucrezia Borgia, (1480 -1519), figlia del papa "Alessandro VI" . Un altro storico prototipo di questa tipologia d'asservimento è data dalla biografia di Donna Olimpia Maidalchini nacque a Viterbo il 26 maggio 1594. Olimpia era la figlia di un appaltatore viterbese, il capitano Sforza Maidalchini, e di Vittoria Gualterio proveniente dal patriziato di Orvieto e inseguito anch'essa appartenente al patriziato romano e nobile di Viterbo.

Il padre, com'era di consetudine in quei tempi, era fermamente intenzionato a lasciare unico erede il figlio maschio e aveva destinato le tre figlie femmine al convento. Olimpia, però, non aveva nessunissima intenzione di lasciarsi rinchiudere. La giovane, infatti, fu affidata ad un direttore spirituale incaricato di convincerla a prendere il velo. La ragazza, però, rivelando in tal modo, per la prima volta la sua astuzia e la propria peculiare indole, lo accusò di tentata seduzione procurando uno scandalo tale che il sacerdote fu sospeso "A Divinis" , (in altre parole la sospensione dall'amministrazione dei sacramenti), e sembrò destinato a tristissima sorte. La futura "Papessa" , però, una diventata potente, per ringraziarlo di non averla fatta finire in carcere, lo fece nominare vescovo. Il padre, sfumata la possibilità di farla diventare una monaca, le permise di sposarsi. Fu cosi che la giovane Olimpia diventò la moglie di Paolo Pini che la lasciò vedova, ricca e libera dopo soli tre anni. Questa giovane donna, quindi, come si è già avuto modo d'evidenziare, era molto ambiziosa e anche avida, ma certo estremamente volitiva, (in grado di avere un forte ascendente), e che aveva ben imparato, purtroppo, sulla propria pelle che in un mondo fondato sulla prepotenza l'avidità e l'ipocrisia, una donna con la sua intelligenza e grande forza di carattere, poteva dominare, invece, di essere dominata. Olimpia scelse come secondo marito un romano di famiglia nobile ma impoverita più vecchio di lei di 31 anni, Pamphilio Pamphili, che sposò nel 1612. Questi la introdusse nella società romana e, soprattutto, la imparentò con suo fratello Giovanni Battista, brillante avvocato di curia e futuro papa "Innocenzo X" . Il marito scomparve, anche lui, qualche anno dopo, secondo la tradizione popolare, ucciso dalla moglie con il veleno. Il papa, dopo la morte del fratello, le diede il titolo di "Principessa di San Martino" . La presenza di Olimpia, (ed il suo supporto economico), accompagnò la carriera del cognato Giovanni Battista Pamphili fino al conclave ed oltre il soglio di Pietro, e non fu una presenza discreta. tutta Roma, infatti, (a cominciare da Pasquino), parlava e sparlava di come Donna Olimpia apparisse molto più legata al cognato che al marito, di come chiunque volesse arrivare all'ecclesiastico Pamphili dovesse passare attraverso la cognata, e di come costassero cari i suoi favori. Quello che è certo e che Donna Olimpia Pamphili fu la principale artefice dell'elezione a papa del cognato, quando questa, nel 1644, fu conclusa Olimpia diventò la dominatrice indiscussa e assoluta della corte papale e di tutta Roma. Si narrava, presso il popolo, che la sua beneficienza fosse sempre interessata, che la protezione assicurata alle cortigiane mascherasse una vera e propria organizzazione del traffico della prostituzione, che i comitati caritatevoli per l'assistenza ai pellegrini del Giubileo del 1650 fossero organizzati a scopo di lucro, che il Bernini,Fontana di Trevi allora in disgrazia, avesse ottenuto la commessa per la cosiddetta"Fontana dei Quattro Fiumi" di"Piazza Navona" solo per aver fatto omaggio alla soprannominata dal popolo, (come si è già detto), Papessa, oppure la "Pimpaccia" di un modello in argento alto un metro e mezzo del lavoro che voleva eseguire. Un'altra concreta prova dello smisurato potere assunto da Donna Olimpia è l'assunzione, nell'importantissimo ruolo del cosiddetto "Cardinal Nipote" , una specie di segretario personale del Papa, Olimpia impone un suo parente che tutti considerano inetto e incapace, ma proprio per questo gradito alla Papessa. Quest'ultimo, infatti, era un burattino nelle sue mani. Cosa ancora più sorprendente, il Cardinal Nipote, invece di risiedere in Vaticano riceveva a casa di Donna Olimpia a Piazza Navona. Un chiaro segno di chi comandasse a Roma. Differenti alti prelati, infatti, espongono, nei loro uffici, i ritratti di Donna Olimpia al posto di quelli del pontefice. La fama di Donna Olimpia fece presto il giro d'Europa. La reginaCristina di Svezia, dopo aver abdicato dal trono, rimandò il suo arrivo a Roma proprio perché fu avvisata dell'oppressiva presenza della Papessa. Tutto ciò non favoriva certo il prestigio del Papato in un momento delicatissimo della Storia europea. L'ingombrante presenza di Donna Olimpia, quindi, arrecava un considerevolissimo danno d'immagine allo Stato romano.

Nel 1648 si concluse la sanguinosa Guerra dei Trent'anni con la vittoria dei protestanti. La pace di Westfalia sancì, tra le altre cose, la perdita di vasti territori ecclesiastici in Germania. Innocenzo X cercò di protestare ma la voce della Chiesa fu a malapena ascoltata al tavolo delle trattative. Quasi per nascondere l'impotenza del Papa a livello internazionale, Roma, (come si è già posto in luce), è tutto un fiorire di monumenti e chiese barocche. L'arte di Bernini e Borromini, però, non bastò a devitare la decadenza del Papato. Lo sguardo nervoso e infastidito di Innocenzo X, colto dal Velazquez in un famosissimo ritratto, lascia intuire la tragicità della situazione. I nuovi fasti architettonici resero Olimpia ancora più odiosa al popolo romano. La Pimpaccia fu l'espressione del potere arrogante. Mentre la città moriva letteralmente di fame, lei viveva nello sfarzo e nell'ostentazione. Inoltre si dimostrò spesso feroce e spietata. La sua sete di vendetta, infatti, fu forse all'origine di un tragico episodio. Castro era il centro principale di un importante ducato nel nord del Lazio. Apparteneva ai Farnese, una delle più antiche e prestigiose famiglie romane, ma era rivendicato dal Papato. Nel 1649, mentre armate sterminate ridisegnavano i confini dell'Europa, l'esercito del Papa si impegnò, invece, a sconfiggere i Farnese e ad occupare la modesta cittadina di Castro. Ma non è tutto. Innocenzo X, inspiegabilmente, non volle tenere Castro. Ordinò, infatti, che la città fosse cancellata per sempre dalle mappe geografiche. Tutto fu studiato in modo che la città non potesse risorgere più. Gli abitanti furono sfollati mentre 800 operai scelti si occuparono di demolirla sistematicamente. Le tegole dei tetti furono spezzate una ad una, ogni singolo mattone sbriciolato. Le grandi pietre delle fondamenta gettate in fondo ad un vallone ed alla fine rimase solo un insegna con su scritto: "Qui fu Castro". Ma perché tanta furia devastatrice? Nel 1655 Innocenzo X morì. Una volta sparito il "Suo" Papa, finì anche il periodo di gloria di Donna Olimpia. Ma la Papessa aveva ormai accumulato terre e ricchezze enormi da potersi ritirare nelle sue tenute, dove quattro anni dopo la peste la uccise. Si narra che il giorno della morte del papa Donna Oimpia asportò dalla stanza di lui tutto quel che trovò e nulla volle dare per la sepoltura. Si racconta, inoltre, che negli ultimi anni di vita del Pontefice vendette benefici ecclesiastici per l'importo di mezzo milione di scudi. E così per l'avarizia dei parenti il cadavere del Pontefice dovette rimanere un giorno intero in una stanzaccia, esposto al pericolo d'essere rosicchiato dai topi, e solo dalla generosità del maggiordomo Scotti che fece costruire una povera cassa e del canonico SEGNI che spese cinque scudi per la sepoltura lo fece alla fine scendere nella pace del sepolcro. Si racconta che ella trasse di sotto il letto papale due casse piene d'oro, se le portò via, e a quanti le chiedevano di partecipare alle spese del funerale del papa rispondeva: "Che cosa può fare una povera vedova?". La vitalità di Donna Olimpia rimane, però, ancora oggi, comunque nella leggenda popolare romana. Sembra, infatti, che il 7 Aprile, il giorno della morte di Innocenzo X, un carro infuocato attraversi le vie del centro fino a gettarsi nelle acque del Tevere. Lo guiderebbe il fantasma di Donna Olimpia impegnata nell'atto che il popolo le attribuiva più spesso: portar via casse e casse di denaro dagli forzieri del Papato. Come si può evincere da questa storia non è vero che il potere, come ama ripetere il senatore Giulio Andreotti"il Potere Logora chi non c'è Là", il potere può essere come una grossa "Metastasi" cancrenosa che distrugge e annienta e rende "Schiavi" tutto e tutti; e l'unico modo per liberarsi di questa malattia è aumentare il livello d'istruzione e "Culturale" delle persone.

Inserito da Cristina Genna Blogger

 

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